Piera Anna Franini
I pianisti italiani universalmente noti? Maurizio Pollini, Arturo Benedetti Michelangeli, Aldo Ciccolini. Generazioni del ’40 e del ’20, però. Poi? Buio o al massimo penombra, qualche lampo subito spento. Ma qualcosa sta cambiando. Vedi il caso Beatrice Rana, il caso Taverna per citare nomi di pianisti d’ultima generazione, made in Italy, e che l’Orchestra Filarmonica della Scala ha incluso nella stagione. Abbiamo ascoltato Rana poche settimane fa, alla Scala, mentre domenica (prove aperte, ore 19.30) e lunedì tocca ad Alessandro Taverna, diretto da Fabio Luisi nel Secondo Concerto di Franz Liszt, che sarà incorniciato da Don Juan e Ein Heldenleben di Strauss.
È un semi-debutto scaligero per Taverna che già in aprile ha suonato alla Scala ma con l’orchestra dell’Accademia. È veneziano, 33 anni, solida carriera anche internazionale, molto urbanamente non ama parlare di una generazione pianistica italiana che – di fatto – è venuta a mancare, schiacciata fra i giganti Michelangeli e Pollini e gli ultimi nati. Però ci fa riflettere sul fatto che l’Italia ha una particolarità rispetto ad altri Paesi: «La peculiarità del pianismo italiano è che non c’è omologazione, semmai una grande diversità di stili, di approcci, ed è proprio questo a renderci interessanti», spiega. E che dire dei talenti debordanti, gli unici di quella portata, che continuano a produrre la grande Madre Russia? Vedi il caso Trifonov o Maloseev, entrambi già ascoltati a Milano. Non c’è Cina, Europa, o Usa che tenga: la Russia è la numero uno in tal senso, impeccabile fucina di fuoriclasse della tastiera.
«C’è qualcosa nell’aria, è come se respirassero qualcosa di diverso. Sicuramente hanno poi scuole speciali, ma ripeto: c’è qualcosa in quell’aria», spiega. Taverna è stato l’ultimo pianista a lavorare con il grande direttore Lorin Maazel, che una volta sentito il giovanotto della Serenissima, volle lavorare con lui. Un bel lancio, insomma. Perché per i pianisti russi, una cosa è certa: sono bravi, unici, ispirati, ma c’è pure la Russia a proteggerli, a crederci. Ci sono direttori come Valery Gergiev che si prende i giovani talenti e li porta in giro nel mondo facendoli conoscere, e garantendone la qualità, con i rischi del caso dunque. Quindi fa piacere che Chailly decida di dirigere Beatrice Rana e Taverna (in tournée, giorni fa), così come Luisi punti su Taverna. E questo, nei luoghi dove i riflettori si accendono. Perché è poi questo il punto. Nel frattempo, Taverna tornerà a Milano l’11 marzo in Villa Necchi, ospite del Quartetto.
http://www.ilgiornale.it/news/milano/taverna-va-scena-scala-nostro-pianismo-fantasia-1365695.html
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