Review: Taverna, il suo Chopin incanta il teatro Ristori (L’Arena)

IL CONCERTO. Una straordinaria esecuzione del grande pianista, che ha travolto il pubblico

Insieme agli archi dei Virtuosi Italiani il musicista ha saputo restituire la poesia più intima e la sublime eleganza del compositore polacco

Il suo modo di suonare è l’opposto di ogni tipo di pesantezza; si basa, al contrario, sulla più grande indipendenza reciproca delle dita e sul tocco più leggero che si possa immaginare (…) Scartando ogni sonorità stridula e aspra, cui il pianoforte è facilmente esposto, egli conserva un meraviglioso ‘cantabile’ perfino nei passaggi più fugaci».

Lo scriveva August Kahlert, stimato critico musicale tedesco, nel 1834, a proposito di Fryderyk Chopin. Ma quelle stesse qualità che connotano il pianismo del genio polacco, accreditategli all’unanimità già dai suoi contemporanei, sono esattamente quanto il pubblico scaligero ha nitidamente colto anche nella superlativa esecuzione di Alessandro Taverna.

Magistrale interprete, per il settimo evento della rassegna Concertistica al Teatro Ristori, dei Concerti per pianoforte e orchestra n. 2 in fa minore e n.1 in mi minore, qui proposti nell’essenziale quanto elegante versione per strumento solista e quintetto d’archi.

Due opere a dir poco monumentali sul piano della ricchezza espressiva. Una ‘fantasia’ di suggestioni armoniche che abbondano in particolar modo sia nel Larghetto del primo concerto, sia nella Romanza del secondo, pregni di incanto e di poesia che con il suo tocco garbato e insieme ricercato, ma mai lezioso, Taverna fa affiorare da ogni singola nota, come se ciascuna di esse fosse una delicata perla da infilare accuratamente in un prezioso diadema. Immagine che, chi ascoltava dalle postazioni sopra la platea, avrà potuto, con un pizzico di immaginazione, scrutare pure nella curiosa disposizione della coda del pianoforte, incastonata tra i componenti del quintettod’archi de I Virtuosi Italiani (Alberto Martini e Luca Falasca, violini, Flavio Ghilardi, viola, Leonardo Sapere,violoncello, Rino Braia, contrab-basso), appositamente per questo tipo di esecuzione dalla dimensione potremmo dire intima, recuperata tra gli originali dell’autore, proprio per restituire la scrittura chopiniana in tutta la sua finezza e sobrietà. Senza con ciò sacrificare alcun minimo dettaglio, né le microstrutture presenti nella tessitura a organico pieno.

Una versione che, a sua volta, mette la personalità del solista ancora più a nudo. Dentro un ruolo particolarmente “esposto”, che Taverna ha saputo onorare senza mai scadere nel protagonismo. Dal composto incedere del primo Maestoso improvvisamente rotto da accordi arpeggiati resi in un “fortissimo” tuttavia mai pestato, e da altri passaggi virtuosistici, all’atmosfera da sogno del Larghetto, quasi un Notturno, il pianista veneziano hasaputo ammaliare l’entusiasta pubblico (più volte intervenuto al grido di ” Bravo!”) con una narrazione ora più brillante, ora estremamente lirica.

Cullata da un afflato romantico tutt’altro che ” patetico”, poi riecheggiato nel successivo Concerto n.1, dove la grazia con cui l’interprete affonda nei tasti restituisce un suono di cristallina bellezza, capace di far vibrare corde inarrivabili. Fino alla commozione più autentica.

Francesca Saglimbeni

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