Review: La Fil sbarca a Trieste con Seco e Taverna (Rivista Musica)

BEETHOVEN Ouverture Leonore n. 3; Fantasia Corale op. 80; Sinfonia n. 7 op. 92 pianoforte Alessandro Taverna Orchestra e Coro del Teatro Lirico “G. Verdi” di Trieste, la Fil Filarmonica di Milano, direttore Marco Seco

Trieste, Teatro Verdi, 24 luglio 2022

In tempi e luoghi dove molto declina, qualcosa sorge. La quasi centenaria Società dei Concerti di Trieste (quella che alla nascita nel ’33, tanto per cominciare, tra una decina di altri, aveva calato tre assi come Zecchi, Francescatti, Backhaus) cerca adesso di uscire dalle secche e persino dal convenzionale concetto di contenitore stagionale di concerti proprio di ogni associazione. Ne esce per molti rivoli con un criterio di programmazione culturale diffusa (qui in collaborazione con il Teatro Verdi), condivisa dal nuovo direttore artistico del sodalizio: il giovane direttore italo-argentino Marco Seco subentrato al compianto Derek Hahn. Una delle iniziative di spicco fuori-stagione è stata questo Progetto-Beethoven portato a felice conclusione con un concerto applauditissimo al Teatro Verdi, diretto dallo stesso Seco. L’iniziativa discende a sua volta dal criterio già adottato dal direttore (con Mendelssohn) per la nuova Fil, la Filarmonica di Milano, riunitasi per l’occasione con l’orchestra del Verdi di Trieste. L’ampio spiegamento di forze sul palcoscenico prevedeva anche il coro della fondazione triestina per l’esecuzione al centro del programma della Fantasia op. 80. Agli estremi del programma in un teatro affollato nonostante la giornata rovente stavano la Leonore n. 3 e la Settima sinfonia: opere in cui la sicurezza formale e la continuità di tensione governate da Marco Seco evitavano da una parte la tentazione dell’iperbole (anche nel parossismo gioioso dell’Allegro con brio nella settima) mentre dall’altra colpiva il senso analitico ed il controllo dei piani sonori. È il caso dello stupore, della drammaturgia delle ombre evocate dalla ouverture o del religioso quasi attonito pianissimo in cui muove il secondo movimento della sinfonia. Ma per gli strumentisti della formazione è parso pure raffinato laboratorio concertante l’op. 80, assai meno presente nei cartelloni sinfonici e impreziosita dalla straordinaria sensibilità di Alessandro Taverna. Sarà che la curiosità limpida del suo pianismo rende chiarissima ogni corrispondenza ed emozionante ogni dialettica, sarà che Taverna esalta davvero il senso di “fantasia” di quest’opera eccentrica quasi da vasto impromptu, fatto è nella sua smagliante interpretazione certe sonorità felpate (come nelle variazioni con gli strumentini) solo lui riesce a trovarle con effetti deliziosi. Esiti gratificanti anche per l’orchestra e alla fine per l’ottimo contributo del coro, con le voci soliste a spalancare le porte di quella sorta di cittadella ideale, in quella solare giovanile preveggenza della sinfonia corale.  

Gianni Gori

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