Anche quest’anno, come ormai da tradizione, alla vigilia della Barcolana – che porta in città una quantità spaventosa di persone dall’Italia e dall’estero – era in programma un concerto della stagione sinfonica. Il sesto, appunto, e in questa occasione ex ante la scelta del programma mi è sembrata azzeccata. Non che ci fosse nulla di marinaresco o legato alla cultura del mare, ma sicuramente le pagine musicali esprimono gioia di vivere e divertimento in senso lato come fa la grande manifestazione triestina.
A fare eccezione il primo brano e cioè l’Ouverture da Der Freischütz, perché neanche la mia fervida fantasia e il mio amore per le vie traverse che uniscono arti differenti riescono a trovare correlazione tra le vele bianche delle barche e gli oscuri presagi della “gola del lupo”: marinai e cacciatori sembrano proprio agli antipodi. Giulio Cilona, giovane Kapellmeister della Deutsche Oper Berlin ne ha dato una bella interpretazione, che ha messo in luce la sottile tensione che innerva la pagina di Weber che anticipa i temi dell’opera in cui naturale e sovrannaturale si contendono il ruolo di protagonista.
Una volta ridotta nell’organico l’orchestra è stato il momento di un Mendelssohn adolescente (14 anni!), quello del Concerto in re minore per violino, pianoforte e orchestra d’archi, affidato alla perizia di due grandi solisti ben noti a Trieste, Francesca Dego al violino e Alessandro Taverna al pianoforte.
Pagina musicale imponente, strutturata nei classici tre movimenti, il concerto si apre con una lunga e severa esposizione degli archi che ricorda molto Beethoven, ma ben presto il clima grave si rasserena e inizia un sottile dialogo tra i solisti che prosegue senza sosta sino alla fine. Nel gioco di rimandi tra violino e pianoforte c’è l’anima del concerto, che vive di singoli virtuosismi ma anche della gioia di fare musica insieme.
Nell’Adagio centrale l’atmosfera è vivace e al contempo lieve e sognante, un’oasi di tenerezza che prepara a un Allegro finale scoppiettante e brioso in cui tutti i protagonisti esprimono energia e vigore ma sempre nel contesto di un impianto generale equilibrato.
Alessandro Taverna e Francesca Dego sono stati ineccepibili e, ancora una volta, hanno palesato un’ottima intesa: di là dei tecnicismi e delle caratteristiche peculiari si percepisce che fanno volentieri musica insieme e la scelta di due corposissimi bis (Brahms e Schumann) ne è stata la conferma. Entrambi i solisti hanno la grande qualità di dosare in modo sapiente le dinamiche senza togliere corpo e tensione alla narrazione, creando un’atmosfera rilassata ed elettrica al contempo.
Il pubblico ha evidentemente percepito questa intesa artistica e ha premiato gli artisti con un uragano di applausi.
Molto buona in tutte le sezioni la risposta dell’Orchestra del Verdi di cui ancora una volta ho apprezzato la compattezza e la precisione.
A chiudere la serata nel segno della gioia e della leggerezza il Beethoven della Sinfonia n. 8 in fa maggiore, op. 93, scritta nel 1812 quando il compositore aveva già rivoluzionato il mondo musicale.
In questo caso è stata meno centrata l’interpretazione di Cilona, che mi è sembrata un po’ troppo inamidata nella gestione ritmica e appiattita nelle dinamiche sbilanciate, almeno dalla mia posizione, su un mezzoforte che non ha messo in luce la delicatezza della più inattuale delle sinfonie di Beethoven il quale, dopo gli sconvolgimenti della Quinta in particolare, torna a guardare a Haydn e Mozart.
Quindi, se dal lato puramente tecnico non ho nulla da eccepire, mi è sembrato invece che mancasse quella briosa empatia che l’Ottava sprigiona in interpretazioni più meditate e che invece latita dove la gestione metronomica è stringente e un po’ claustrofobica.
Anche in questo caso ottima la prestazione della compagine triestina che, come Cilona, ha ricevuto meritati applausi e gratificazioni dal pubblico.
Paolo Bullo
La recensione si riferisce alla serata del 6 ottobre 2023
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