Il pianista romantico che conquistò Maazel

(Chiara Beria di Argentine) Veri maestri. Questa non è una favola natalizia ma una storia vera che ha come interpreti un Grande Vecchio, Lorin Maazel, il celebre direttore d’orchestra (scomparve a luglio 2014) e Alessandro Taverna, giovane pianista – volto scavato, travolgente tecnica e passionalità – innamorato dei compositori russi. «Colore, nostalgia e quei loro tempi lunghi che associo alla vastità delle loro terre senza confini». Ma Alessandro è più semplicemente di Caorle, classe 1983 con il gemello Roberto; ed è figlio di Gino e Lucia, lui impiegato in banca, lei in un negozio d’abbigliamento. Certe vite appaiono troppo lontane per incontrarsi ma un giorno Duilio Martinus, amico e fan di Alessandro, invia a sua insaputa la cassetta di un suo recital alla Fondazione Keyboard Trust di Londra. Alessandro viene così selezionato per 2 recital a New York e a Castleton (Virginia) dove Maazel e sua moglie, la bella attrice Dietlinde Turban, hanno una proprietà e dove con la loro Chateauville Foundation organizzano un festival che, negli anni, ha sempre più avuto la missione di scoprire nuovi talenti.

«A Castleton suonai Petrouchka di Stravinsky. Con il primo concerto di Chopin e il PlayPianoPlay nr.6 di Friedrich Gulda sono il mio forte!», ride Alessandro. Del resto, con Chopin si era già affermato conquistando anche pubblico e stampa anglosassone in prestigiose competizioni come «Piano-e-Competition» in Minnesota e il concorso di Leeds. «Il pubblico all’improvviso è stato pervaso da una solenne bellezza: sono stati minuti d’intensa poesia», ha scritto il quotidiano «The Independent». E a Castleton ti scopre Maazel? «Purtroppo quel giorno era a New York. Ma sua moglie Dietlinde gli telefonò parlandogli di me. La sera dopo suonavo a New York, alla Steinway Hall; dal palco vidi i Maazel seduti in prima fila! Alla fine m’invitarono a cena in un ristorante. Fu allora che il maestro mi disse: “We must make music together, dobbiamo fare musica insieme” Quel tempo non era ancora arrivato», riflette Taverna. «La carriera di un artista ha qualcosa di imperscrutabile. Comincia da una parte, in alcuni momenti si consolida, in altri sembra scomparire». A 7 anni fu conquistato da una cassetta di Mozart allegata a un giornale: «Era la sonata in a minor K310, pianista Andràs Schiff; l’ascoltavo in continuazione». Da allora Alessandro, sempre sostenuto dai genitori, ha fatto un lungo percorso di studi e sacrifici. A 17 anni con la guida di Laura Candiago Ferrari si diploma con il massimo dei voti, lode, e menzione. I fratelli Taverna eccellono come studenti ma Alessandro sceglie di lasciare a un passo dalla laurea gli studi in ingegneria meccanica per perfezionarsi all’Accademia di Imola con il maestro Franco Scala e i russi Margarius e Petrushansky; al Santa Cecilia di Roma; al Lake Como Piano Academy e alla Hochschule di Hannover.

«Ho sempre amato la matematica, nei numeri c’è bellezza. L’ingegneria era il mio hobby, la musica è la mia vita. Ai ragazzi dico di spendersi per la musica, se nessuno lo fa muore. In tempi tormentati un concerto di musica dal vivo ti può toccare il cuore, sempre più giovani lo stanno capendo. Quanto alla laurea l’intelligente di casa è Roberto». (ndr. Taverna 2, diploma in piano, laurea in fisica oggi è astrofisico all’università di Padova). E Maazel? «Nel 2012 mi chiama. Mi offre di fare Burleske di Strauss. “Maestro, non posso”. Quel giorno avevo un contratto firmato con la Royal Liverpool Philarmonic Orchestra. La mia chance era andata in fumo. Però, lui si ricorda di me e mi vuole fortemente – insomma, mi impone – per fare Prokofiev al Gasteig di Monaco e il 27 febbraio 2014 al Musikverein di Vienna. Sono stato l’ultimo solista a suonare con lui». Cinque mesi dopo, a 84 anni, Maazel muore. Castelton, 2015. Al concerto in memoria del suo mentore Alessandro conosce il direttore Fabio Luisi. 2017, è tempo di Liszt. Programma della Filarmomica della Scala: 13 febbraio al Pavarotti di Modena, direttore Riccardo Chailly; il 20 febbraio alla Scala, direttore Luisi. Sempre al pianoforte il giovane italiano che conquistò Maazel, il superomantico Alessandro

(La Stampa, 31 Dicembre 2016)

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