Interview: Il fascino di Vienna con la tastiera di Taverna (Corriere della Sera)

Il profumo e il fascino della Vienna musicale, tra danza e rotture. Stasera alle 20 sul palco del Teatro Grande, il pianista Alessandro Taverna, ospite del Festival Pianistico, esegue opere di Johann Strauss (due valzer) e Alban Berg (la Sonata n. 1), nonché brani di Friedrich Gulda.

La Sonata di Berg e i valzer degli Strauss hanno qualcosa in comune o sono le due facce di una frattura culturale? 

«Entrambe le visioni sono ammesse. Chiaramente, si tratta di opere agli antipodi per stile e scrittura ma dal punto di vista cronologico sono vicine, perché il disfacimento della Vienna imperiale e la crisi del nuovo secolo porta con sé delle tensioni che nella Sonata di Berg sono culturali e umane. L’allure del valzer è quella di un’apparenza dorata: come a dire, viviamo dentro un salotto mentre la cornice all’esterno si distrugge. Non parlano un’unica lingua ma i fonemi sono gli stessi». 

Come valuta la figura di Gulda, un precursore, una figura irripetibile?

«E una figura che tuttora ha accoglienze molto diverse: da un lato c’è il favore del pubblico. Dall’altro, una certa freddezza da parte degli addetti del mestiere. Io mi la sui stata un pubico. Proichilmente, irripetibile. È stato un compositore e un interprete che ha vissuto il travaglio di un secolo: modernissimo e allo stesso tempo, con i piedi nella tradizione». 

I brani degli Strauss sono musica leggera o colta?

«Penso siano musica colta e anche molto difficile. Sono brani in origine per orchestra e tutta la musica di Vienna della seconda metà dell’Ottocento richiede una grande perizia tecnica. Poi, l’effetto che ha sul pubblico viene anche da una combinazione di armonia e temi felici, dal ritmo del valzer ma anche dal pensiero di salotti dorati». 

Una domanda d’obbligo su Arturo Benedetti Michelangeli: qual è il suo giudizio su di lui?

«Michelangeli mi porta a riflettere su un valore oggi un po’ superato ma nel quale io credo molto, ovvero l’integrità, non solo in senso morale e nemmeno riferita a un interprete algido, che si sottrae agli applausi. Una figura come Michelangeli ci invita a mettere un punto e a non farsi troppi problemi nel perseguire un ideale di integrità, musicale e personale».

Fabio Larovere © RIPRODUZIONE RISERVATA

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