Un finale di stagione da ricordare
Se la stagione lirica l’altra settimana si era chiusa in maniera alquanto deludente con un “Don Pasquale” da dimenticare, il concerto finale del cartellone sinfonico, al Carlo Felice è certamente fra quelli da incorniciare e ricordare nei prossimi anni.
Fabio Luisi ha regalato infatti una straordinaria lettura della Quinta Sinfonia di Mahler, uno dei capolavori assoluti del sinfonismo di ogni tempo.
Eseguita per la prima volta nel 1904, ma ritoccata anche successivamente nella orchestrazione fino al 1911, anno della morte del compositore, la Quinta sembra ricalcare, pur con marcate differenze, il percorso emotivo della più popolare Quinta beethoveniana. Una sorta di catarsi attraverso la musica: si parte dal dramma (in questo caso una dissacranrte Marcia funebre orchestrale con quegli squilli di tromba isolati che squarciano il silenzio) e si giunge attraverso un aggressivo Scherzo al momento del più profondo e lirico dolore (l’incantevole Adagietto) per approdare a un baldanzoso e sonoro finale.
Un percorso estremamente complesso perché il linguaggio di Mahler fra aggressività e lirismo, fra frasi popolaresche e volgari e slanci di elegante gusto poetico, è terribilmente difficile da cogliere e da restituire.
Luisi è uno specialista del mondo musicale tedesco fra Ottocento e Novecento da Bruckner a Mahler e Strauss. E ieri se ne è avuta conferma. Una lettura di forte tensione emotiva, vibrante, poderosa, ma mai enfatica, asciutta e controllata nelle dinamiche, estremamente chiara nella restituzione del fitto intreccio contrappuntistico che costituisce una delle cifre caratteristiche di questo lavoro.
I continui cambi di umore, i passaggi bruschi da un clima a un altro, hanno trovato in Luisi un interprete capace di risolverli con estrema pulizia espositiva, ben assecondato dallo strumentale in cui si sono distinte alcune prima parti dalla tromba al corno al primo violino.
Gli applausi finali sono stati interminabili e meritati.
La serata si era aperta con il Concerto per pianoforte e orchestra op. 42 di Schoenberg. Non è fra i capolavori del padre dell’espressionismo tedesco, tuttavia offre momenti interessanti nel rapporto fra solista e orchestra, momenti che la direzione di Luisi e l’abilità esecutiva dell’ottimo pianista Alessandro Taverna hanno saputo ben evidenziare.
Applausi convinti per Taverna che ha concesso un elegantissimo bis, un Preludio di Rachmaninov. E Luisi, come fa abitualmente, con quella grande signorilità che non è di tutte le bacchette, si è messo di lato in piedi dietro gli archi ad ascoltare il suo solista.
Roberto Iovino
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