Nel secondo Ottocento si deve a Johannes Brahms il maggior contributo alla produzione cameristica tedesca, tanto in termini quantitativi, quanto sul piano qualitativo. E fra le sue perle più luminose figura certamente il Trio in mi bemolle op. 40 per violino, corno e pianoforte. Pagina non facile da ascoltare in concerto perché destinata a una formazione strumentale dalla letteratura limitata e pertanto alquanto rara.
Ieri sera la Giovine Orchestra Genovese ha ospitato al Carlo Felice un trio formato dalla violinista Francesca Dego, dal cornista Martin Owen e dal pianista Alessandro Taverna: tre eccellenti strumentisti (Francesco Dego è ben conosciuta dal pubblico genovese per le sue frequenti apparizioni di questi anni in veste di solista paganiniana, ma era alla sua prima apparizione in veste di musicista da camera) che hanno evidenziato un eccellente affiatamento in termini di dinamiche, di cura del suono, di fraseggio.
Clou del programma, naturalmente il citato Trio brahmsiano, proposto a conclusione di serata. E clou della partitura l’Adagio mesto, pervaso da un lirismo commovente che coinvolge sul piano espressivo i tre strumenti chiamati a dialogare in una dimensione sonora di profondo raccoglimento. E qui come nel resto del programma si è potuto apprezzare il perfetto controllo del suono da parte del trio con l’emissione morbida e piena del corno, l’articolazione calda e ricercata del violino, il supporto partecipe del pianoforte.
Il Trio aveva in precedenza regalato un’altra pregevole performance con l’Hommage a Brahms, appunto per violino, corno e pianoforte di Ligeti. Opera di notevole complessità che ha nel secondo tempo Vivacissimo e nel quarto (Lamento, Adagio) i suoi momenti migliori: la frenetica aggressività dialettica del primo è stata risolta con limpida bravura dai tre artisti che poi hanno affrontato con ammirevole gusto musicale l’Adagio ispirato proprio alle atmosfere brahmsiane dell’op. 40.
A completamento del programma Owen ha eseguito con incredibile abilità Appel interstellaire per corno solo di Messiaen, brano di indubbia difficoltà per i continui effetti richiesti allo strumento che trasformano il brano (come accade per le Sequenze di Berio) in una sorta di piece teatrale; e Francesca Dego con il pianista Taverna ha affrontato con lucida intelligenza interpretativa la Sonata op. 105 di Schumann, uno dei capisaldi della letteratura violinistica romantica.
Applausi interminabili e meritati e un bis, il terzo tempo dai Phantasiestuck di Schumann, per violino, violoncello e pianoforte, con il violoncello sostituito dal corno.
Roberto Jovino
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