Lo scorso 14 Dicembre si è esibito il duo Francesca Dego e Alessandro Taverna presso il Teatro Argentina, grazie all’organizzazione dell’Accademia Filarmonica Romana. Queste le musiche in programma:
Seguo da qualche anno l’evoluzione artistica di Francesca Dego, mi ha sempre colpito il suo rigore ed il calore del suono, come anche la scelta del repertorio mai banale, possibilmente complessa ed articolata.
In questa occasione il programma del concerto assieme alla sua originalità, si è distinto anche per la notevole difficoltà di esecuzione. Anche sull’aspetto pianistico, ci rendiamo subito conto che sul palco sono presenti due solisti che riescono non solo a dialogare, ma a restituirci una sorta di “terzo suono”, rappresentato dalla fusione del violino e del pianoforte. Al pianista Taverna un sentito ringraziamento, non è facile trovare fusione e personalità in simili circostanze. Dego e Taverna, due forti caratteri, diversi e ben distinti, ma capaci di essere una cosa sola.
Questa particolarità l’ho riscontrata in particolare nell’esecuzione di Schoenberg, laddove l’espressione dodecafonica ha permesso di apprezzare al meglio la fusione degli armonici dei due strumenti, e cosa abbastanza inconsueta e mai scontata, sembrava proprio che i due esecutori ne fossero pienamente coscienti, permettendo all’ascoltatore di apprezzare non solo la monumentalità, ma anche l’intimo messaggio musicale del grande compositore austriaco.
Il violino suonato da Francesca Dego nell’occasione è un Francesco Ruggieri del 1697, che ho avuto occasione di ascoltare in altre occasioni, avendo io l’abitudine di cambiare la mia distanza d’ascolto tra un brano e l’altro, ho potuto apprezzare come il suono di questo straordinario strumento della classicità cremonese abbia una notevole capacità di proiezione ed una bella rotondità di suono, in specie sulla quarta corda.
Francesca Dego ha usato corde Evah Pirazzi Gold, note per il calore che conferiscono al suono, ma credo che anche usando corde con più “focus”, il risultato non sarebbe cambiato di molto, sia per la qualità del violino, che per quella stessa di chi lo suona.
Infine, questo concerto mi ha lasciato l’impressione di una Francesca Dego la cui scelta di repertorio e così anche l’esecuzione non la rendono certo un’artista pop, impegnata com’è in una ricerca personale così intima e profonda, che potrebbe essere difficile seguirla, ma che nei fatti così non è.
Claudio Rampini
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