Ieri sera è stato un minuto di silenzio ad inaugurare il primo appuntamento della Stagione concertistica 2020 del Teatro Lirico, a testimoniare il cordoglio per l’improvvisa scomparsa del contrabbassista Omero Bandinu, avvenuta prematuramente nella notte tra giovedì e venerdì. Un momento di mestizia e di rispettoso raccoglimento, che ha visto gli spettatori stringersi attorno alle persone più vicine al musicista dell’Orchestra del Lirico. Tra loro, in sala, anche i vertici istituzionali: il Sovrintendente Nicola Colabianchi e il Sindaco Paolo Truzzu.
Il programma musicale della serata proponeva in apertura una pagina ibrida e spiazzante, per la quale diversi aspetti compositivi restano ancora malcerti e in cui perfettamente coagulano elementi tra loro eterogenei: è la Fantasia in do minore per pianoforte, coro e orchestra op. 80 di Beethoven. Nota al grande pubblico per la presenza di un tema (tratto da un Lied del 1795) estremamente affine a quello celeberrimo dell’ode An die Freude (“Alla gioia”) della Nona sinfonia, fu composta nel 1808. Ma nella fisionomia in cui la ascoltiamo oggi risale al 1811, data in cui fu edita a Lipsia da Breitkopf. Ha uno schema formale insolito e originalissimo, con una introduzione pianistica solenne e brillante, cui fa seguito una serie di eleganti variazioni dominate dal dialogo ravvicinato tra pianoforte e orchestra. E riassume in sé – come in una limpida sintesi – i frutti della ricerca sinfonica e concertistica del compositore. Nel finale poi si dispiegano i temi più importanti della riflessione estetica di Schiller sul bello artistico: affidati ai versi del poemetto di Christoph Kuffner e cantati dal coro tra gli spumeggianti trilli del pianoforte.
Seguiva Daphnis et Chloé, balletto in un atto e tre quadri di Ravel. Fu composto su richiesta dei Ballets russes di Diaghilev (libretto di Fokine, ispirato al romanzo pastorale di Longo Sofista) e ultimato tra il 1909 e il 1912. Vasta e composita symphonie chorégraphique (“sinfonia coreografica”), caratterizzata da una straordinaria opulenza orchestrale, l’opera abbacina per la ricchezza degli effetti timbrici, il cui linguaggio armonico rivela sottili affinità con la scrittura di Debussy, la qualità della strumentazione invece si apparenta con la scuola russa (in particolar modo Rimskij-Korsakov, Borodin). Ma la ricerca dell’immagine sonora, i profili delle singole linee melodiche sono squisitamente raveliani: vi si staglia l’astrazione ricca di charme, di tenero lirismo. E irripetibile è l’impasto lussureggiante dei colori puri, sorretto da una inventio freschissima, da una magistrale sensibilità nel gioco delle corrispondenze.
Sul podio la bacchetta scrupolosa e attenta di Donato Renzetti ha guidato con sicurezza Orchestra e Coro del Lirico (preparato dal maestro Donato Sivo). I complessi stabili hanno dato prova di bravura e grande affiatamento, soprattutto nell’interpretazione dell’estesa composizione di Ravel. Bravi tutti i cantanti solisti: i soprani Ilaria Vanacore e Elena Schirru, il mezzosoprano Lara Rotili, i tenori Murat Can Güvem e Andrea Galli, il baritono Matteo Loi.
Infine, menzione a parte merita il pianista veneto Alessandro Taverna, senza alcun dubbio il migliore della serata. Dotato di una elegante personalità drammatica, ha eseguito la Fantasia beethoveniana con assoluta pulizia e concentrazione, con persuasiva densità espressiva. Molto sensibile agli aspetti timbrici e dinamici, ha dimostrando nel bis (Max Reger, Fuga su un Tema di Telemann) anche preziose doti di virtuoso.
Nicola Pinna
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