Alessandro Taverna parla delle pagine di Chopin, Skrjabin e Rachmaninov al centro del suo recital del 9 marzo a Ferrara Musica
Alessandro Taverna (Giorgio Gori Photography)
Prosegue la seconda parte del cartellone 2021-2022 di Ferrara musica, offrendo mercoledì 9 marzo al Teatro Comunale di Ferrara (ore 20.30) un recital che vede protagonista il pianoforte di Alessandro Taverna, impegnato in un programma che offre pagine quali la Sonata n. 2 in si bemolle minore op. 35 di Fryderyk Chopin, la Sonata-Fantasia n. 2 in sol diesis minore op. 19 di Aleksandr Skrjabin e gli Etudes-tableaux op. 39 di Sergej Rachmaninov.
Proprio in vista di questo appuntamento abbiamo rivolto qualche domanda al pianista originario di Venezia per indagare la sua lettura dei caratteri estetici ed espressivi di queste pagine pianistiche.
Oltre ad essere una delle pagine artisticamente più significative di Chopin, la Sonata n. 2 in si bemolle minore op. 35 è celebre anche per la presenza della celeberrima “Marcia funebre”, movimento che, associato con il successivo Finale ha generato alcune perplessità: pensiamo a Schumann che trova in questa pagina «persino qualcosa di repulsivo», o a Cortot che ha definito lo stesso Finale come il «terrificante mormorio del vento sulle tombe». Qual è la sua impressione circa il carattere di quest’opera?
«Credo che Schumann si interrogasse sul fatto di come il carattere lugubre e la tonalità minore della Marcia Funebre finissero per esacerbare l’ascolto in una ostinata sofferenza e negatività, che rende faticoso anche il semplice ʽprendere fiatoʼ dopo la tragica e percussiva veemenza delle ottave dello Scherzo che la precede. Per me è esattamente così: questa sonata, mirabile nella scrittura e geniale per i contrasti ossimorici che costellano l’intera partitura (l’antitesi primo-secondo tema dei primi tre movimenti e il vortice quasi paradossale delle terzine all’unisono del quarto) induce effettivamente in chi ascolta una costante repulsione, intesa nel suo significato etimologico di ʽtendenza a respingereʼ: è uno squarcio, quasi il grido dell’anima in trappola che si interroga sul dolore e sulla morte e che rifiuta con costante tormento l’irrazionale sofferenza da essa generata. Schumann continua nella sua analisi dicendo che “avrebbe fatto un effetto incomparabilmente migliore un Adagio in Re bemolle maggiore” (simile a quanto accade nel terzo tempo della Terza Sonata), Mendelssohn non si capacitava di come alla grande tensione della Marcia potesse seguire il forsennato turbinare delle terzine dell’ultimo movimento: a mio avviso sono questi ulteriori indizi di come l’intento programmatico di Chopin abbia raggiunto il suo scopo, nel delineare cioè un pezzo che sfugge da una catalogazione convenzionale e che forse più di altri riesce a dare sfogo alle tragedia che alberga nel cuore dell’uomo».
Aleksandr Skrjabin correda la sua Sonata-Fantasia n. 2 in sol diesis minore op. 19 con una nota descrittiva significativamente articolata, evocando per i due movimenti che compongono questa pagina evocazioni naturalistiche che riflettono poetiche tardoromantiche. Come influisce questa caratteristica sulla sua interpretazione?
«Come sempre la fitta rete di simbolismi e di rimandi all’elemento naturale da parte Scriabin è presente in questa sua pagina riuscendo a delinearne con una sintesi che ritengo eccezionale le diverse corrispondenze con i sensi umani: immagino dunque un elemento di spiritualizzazione nel primo movimento, dove accanto al tema del destino che bussa alla porta (con il martellante ripetersi della terzina di ottave ribattute) si apre un grande affresco fatto da un liricissimo dialogo d’amore, che sottintende il tema goethiano dell’eterno femminino, quale unica possibilità di redenzione e di catarsi dall’abisso della sofferenza che l’animo umano vede riflesso nella natura… Mentre il caos della materia e il fuoco evocati dal secondo movimento rappresentano la passione distruttiva, l’annientamento dei sensi e dell’elevazione spirituale precedente. Cerco dunque di immaginare nella mia interpretazione questo contrasto e ho volutamente deciso di accostare le due sonate perché mi sembra che in questi ossimori si legga una chiara volontà di Scriabin di specchiarsi in Chopin».
Pensando alla produzione pianistica di Rachmaninov, quali sono secondo lei i tratti distintivi degli Etudes-tableaux op. 39?
«Ho sempre immaginato gli Etudes-tableaux op. 39 come una sorta di compendio della poetica di Rachmaninov, e per certi aspetti una prefigurazione dell’empito creativo che sarebbe sfociato nelle Danze Sinfoniche, il suo testamento spirituale: vediamo negli studi una tavolozza timbrica ricchissima, un’incessante fantasia che evoca i colori della grande orchestra, un fortissimo ancoraggio alla tradizione e alla terra russa attraverso temi di derivazione folklorica, il costante rimando al sacro con lo spettro angosciante della morte che aleggia in tutta l’opera e che riecheggia fin dall’inizio (Studi nn. 1 e 2) con il richiamo al “Dies Irae” gregoriano (come giustamente è stato osservato rappresenta un autentico fìl rouge di gran parte della produzione sinfonico-corale di Rachmaninov, pensiamo all’Isola dei Morti, a Le campane, alla Terza Sinfonia…).
L’ostinazione nella scelta della tonalità minore (ad eccezione dell’ultimo gli Etudes sono tutti in modo minore) dà un carattere fortemente meditativo e introspettivo a tutta la raccolta: un’intonazione nostalgica tutta giocata sull’emotività e sull’alternarsi degli stati d’animo che solo alla fine si librano in un liberatorio scampanio che sembra evocare lo sfolgorio della Pasqua russa, riallacciandosi idealmente, così, al medesimo esito che abbiamo nella Fantaisie-tableaux per due pianoforti».
https://www.giornaledellamusica.it/articoli/suggestioni-pianistiche-ferrara
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